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Vibonese, il rammarico di Giorgio Roselli: “Sarei rimasto per fare un calcio migliore”

Il tecnico di Montone dopo il mancato rinnovo parla in esclusiva a ViboSport: “A Vibo mi sono trovato bene, la società ha un grande presidente”.

Qualche giorno sopo il mancato rinnovo, Giorgio Roselli parla della sua breve esperienza alla Vibonese, conclusa con la salvezza in serei C, e del futuro che potrebbe essere anche alla guida del Cosenza.

Giorgio Roselli, il rapporto con la Vibonese si è concluso, se l’aspettava o pensava di poter restare a Vibo Valentia?

“Ero andato via pensando si potesse continuare. Mi ero trovato benissimo con tutti, con dei programmi giusti, avevamo raggiunto l’obiettivo prefissato e mi ero calato bene nell’ambiente. Avevo in mente che senza grandi follie ma con l’idea di investire su giovani talenti, si potesse migliorare la situazione puntare a qualcosa di più importante. però insomma ci siamo sentiti con il diresttore sportivo e abbiamo concluso questa avventura”.

Ci è rimasto male?

“Sono abbastanza dispiaciuto Vibo è un posto dove si possono fare cose interessanti con un presidente come Caffo. Però di scontato nella vita non c’è nulla, è una decisione prsa dalla società, non abbiamo trattato per nulla, io sono uno che a livello generale non chiedo mai niente diciamo che sinceramente la società ha pensato ad altro e dunque si è interrotto questo rapporto. Non ho messo la calsuola di rinnovo automatico perchè non ci ho pensato proprio, volevo conoscere l’ambiente e farmi conoscere, per poi pensare al rinnnovo e pensare di costruire un calcio migliore

Come è stata questa esperienza alla guida della Vibonese, una esperienza breve ma che si è conclusa con una salvezza evitando i play out che a un certo punto sembrava molto complicata?

“E’ stata un’esperienza particolare, è la prima volta che mi capita di arrivare in una panchina in corsa a poche partite dalla fine. La situazione si era incartata, i calciatori erano sfiduciati, il gruppo non esisteva: è stato complicato venirne fuori, ancora più complicato per le assenza tra covid e infortuni. devo dire la verità, è stata l’annata più difficile della mia carriera, dove alle 4 di mattina mi svegliavo per vedere i filmati e individuare i difetti delle avversarie. Cercavo tutti gli appigli per fare risultato, perchè capivo che la situazione era difficile. Alla fine i ragazzi sono stati bravi e in alcune partite hanno fatto più di quello che era nelle loro possibilità, mettendo tutto in campo”.

Quale partita ha segnato la svolta, quella in cui ha pensato di potere guidare la barca in un porto sicuro?

“Nelle prime gare quando sentivo dire, anche da voi giornalisti che a volte siete un po’ cattivelli, ma questo allenatore pareggia sempre, a me sembrava impossibile fare risultato in certe partite. I ragazzi invece hanno dato tutto soprendendomi. E’ stato un tourbillon. un crescendo che ci ha portati a migliorare giornata dopo giornata. La partita che ci ha dato la spinta decisiva è stata quella vinta in casa con il Teramo, la salvezza l’abbiamo raggiunta con due prestazioni maiuscole: il pareggio a Palermo e la vittoria con l’Avellino, in cui la squadra ha dato più di quello che poteva dare, giocando veramente bene”.

Qualcuno dice che Roselli potrebbe tornare ad allenare il Cosenza, cosa c’è di vero?

“Non c’è nulla di vero, al momento. Credo di essere in questo momento lontano. Sono arrivato a Cosenza la prima volta in una situazione difficile, adesso a livello societario è ancora più complicata. Portareil Cosenza in B in questa situazione sarebbe storico, sarebbe una cosa che ti rimane. A me piacciono le sfide. Quando sono andato a Pavia alla 20.ma giornata con la squadra che aveva solo nove punti, abbiamo pareggiato o vinto in tutte le partite seguenti e ci siamo salvati ai play out contro la Spal: queste sono le sfide che mi piacciono e che mi avvincono. Allenare per allenare non mi cambia nulla. a 63 anni sono le sfide che mi attirano”.

Quanto le è mancato non vedere i tifosi sugli spalti in questo campionato segnato dalla pandemia, cosa si sente di dire ai tifosi della Vibonese che non ha potuto conoscere?

Tanto. Io ho esordito in A in un Roma-Inter del gennaio 1976 davanti a 70 mila spettatori, pensare di giocare senza la gente che ti trascina, che ti accompagna con i cori o con esclamazioni per me è quasi impossibile. A San Siro, ad esempio, se sbagli una giocata senti un oohhh che ti dà i brividi. Senza pubblico il calcio non è calcio, non dico che non vinca il migliore, ma che non è la stessa cosa. Non ho conosciuto il pubblico della Vibonese, purtroppo, ai tifosi dico che mi sarebbe piaciuto rimanere perchè in questa stagione ad un certo punto ero costretto per le situazioni contingenti a fare giocare la squadra in un certo modo avrei voluto rimanere per fare un calcio discreto con l’obiettivo di centrare almeno il decimo posto è questo che mi mancherà della Vibonese”.

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