Fare l’arbitro non vuol dire avere il potere assoluto di decidere, sulla base si situazioni emozionali soggettive, se una gara può disputarsi o meno. L’arbitro, insomma, non può arbitrariamente sospendere una partita. Per farlo deve riscontrare condizioni oggettive, e non solo emozionali, tali da indurre a temere un pericolo imminente alla persona o all’ordine pubblico.
Questa la interessante decisione del Giudice Sportivo Territoriale del Comitato Provinciale di Vibo Valentia (CU 37 del 27 febbraio 2024). Sulla base di tale assunto il giudicante ha disposto la prosecuzione di Ricadese e San Costantino dello scorso 16 febbraio, valida per il Girone D del campionato di Seconda Categoria. La partita tra le due compagini era stata sospesa al termine del primo tempo sul risultato di 1-0 per la squadra di casa.
L’arbitro aveva sospeso la gara perchè si sentiva minacciato
Il direttore di gara aveva preso la decisione di non fra proseguire la partita, come si legge nel referto per il “clima minaccioso nei confronti dell’arbitro, che riusciva a raggiungere gli spogliatoi grazie al fattivo intervento dei tesserati della società ospitante”,
Sul posto erano intervenuti anche due carabinieri che, dopo la sospensione definitiva, accompagnavano l’arbitro fuori dallo stadio.
La decisione non può essere un mero arbitrio del direttore di gara
“A parte lo stato di prostrazione psicofisica dovuta al clima incandescente che si era creato al termine del primo tempo di gioco – scrive nelle motivazioni il Gst – non vi sono altri fatti o dati obiettivi dai quali ricavare una condizione di non agibilità ambientale per la prosecuzione della gara”.
E conclude: ” non è possibile che per un mero stato soggettivo, non accompagnato da altre evidenze, quantomeno minacciose, possa esser sospesa una gara perché altrimenti il disputarsi di una competizione è lasciata al mero arbitrio del direttore di gara”.
Per questo motivo è stata disposta la prosecuzione della gara a partire dal primo minuto del secondo tempo.