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San Leoluca, da Corleone a Monteleone: oggi è festa del patrono di Vibo Valentia

Il corpo del santo non è mai stato trovato. La presunta tomba con i resti si troverebbe nella chiesa di Santa Ruba

VIBO VALENTIA – Il santo patrono della città di Vibo Valentia viene solennemente festeggiato il 1° marzo. Da qualche anno la manifestazione Comunitarium ha preso il posto del Premio della Testimonianza ideato da Mons. Onofrio Brindisie consegnato durante la festa del patrono a personalità di tutto il mondo che si sono distinte per il loro impegno nel sociale e religioso. Oggi sarà la Comunità di Gerocarne a rappresentare i paesi della provincia vibonese, in occasione del “Comunitarium” 2024.

Il programma della festa 2024

Il programma degli eventi predisposto dal parroco, don Pasquale Rosano, col sostegno del vice parroco, don Matteo Rizzo, del parroco don Pietro Pontoriero prevede questa mattina, la santa messa solenne nel Duomo, alle ore 11, presieduta dal vescovo mons. Attilio Nostro e animata dal Coro Magnificat. Al termine seguirà il consueto omaggio floreale al simulacro del santo Patrono in bronzo – posto sulla balaustra del Valentianum – da parte dei vigili del fuoco
Alle ore 17 si entrerà nel vivo del “Comunitarium”, con il ”Momento dell’Accoglienza”, che quest’anno vedrà come ospite la Comunità di Gerocarne, guidata dal sindacoPasquale Vivona, e dal parrocodon Vincenzo Zappone. A conclusione, il “Momento della Condivisione”: un simbolico incontro, improntato alla convivialità, tra le due comunità – quella vibonese e quella gerocarnese – addolcito dalla tradizionale torta offerta dalla pasticceria Mandaradoni.

Fino agli anni settanta per le vie della città si svolgeva una solenne processione della statua argentea del santo (rubata e mai ritrovata nel 1975), durata fino al 1973, quando mons. Brindisi volle celebrare il santo con il Premio della Testimonianza.

La vita di San Leoluca, tra leggenda e storia

San Leoluca nacque a Corleone, in Sicilia, nell’815 circa. Al battesimo, i genitori Leone e Teotiste gli imposero il nome di Leone.  Cresciuto in seno ad una agiata famiglia, ricevette una buona formazione religiosa e civile. Rimasto orfano giovinetto, Leone dovette dedicarsi alla gestione del suo patrimonio e alla sorveglianza dei suoi armenti. Nella solitudine dei campi e nella contemplazione della natura, sentì la chiamata del Signore. A venti anni, si  narra che Leone vendette tutti i suoi averi, distribuendo il ricavato ai poveri. Quindi lasciò Corleone e si ritirò nel monastero basiliano di San Filippo d’Agira (Enna), dove ricevette la prima tonsura da un anziano monaco e il consiglio di emigrare in Calabria a causa della violente incursioni dei Saraceni in Sicilia. Raggiunta la Calabria, Leone incontrò una pia donna, alla quale manifestò le tribolazioni del suo animo e ricevette consiglio di abbracciare la vita monastica cenobitica. Fu accolto da fra Cristoforo nel monastero di Vena vicino Monteleone (odierna Vibo Valentia). Qui condusse una vita esemplare ed austera, fatta di umiltà e di obbedienza. Designato igumeno del monastero di Vena dallo stesso frà Cristoforo morente, ebbe doti taumaturgiche (guarì un lebbroso, dei paralitici e degli indemoniati). In punto di morte designò suoi successori Teodoro ed Eutimio, suoi discepoli. Nel monastero di Vena, morì all’età di cento anni nel 915 dopo ottanta anni di vita monastica. Il suo corpo fu traslato, in seguito, nella vicina Monteleone (Vibo Valentia), e sepolto nella antica chiesa di Santa Maria Maggiore, che poi sarebbe stata demolita e ricostruita, ed oogi è intitolata anche a san Leoluca.

l mistero. Il corpo di San Leoluca, nonostante le ricerche, non è stato mai ritrovato. Studi recenti hanno portato alla luce la presunta tomba con i resti del santo che si troverebbe nella chiesa di Santa Ruba a San Gregorio di Ippona, che fino al 1925 era un casale, frazione, di Monteleone. Per cui, in ogni caso, sarebbe confermata la tesi che vuole che il corpo del cenobite corleonese sia stato seppellito nella città che, assieme a quella natale, lo ha eletto a suo protettore.

Il culto. Subito dopo la morte, per le sue eccelse virtù e per i miracoli compiuti in vita, venne proclamato santo e il suo culto si diffuse subito in tutta la Calabria, ed anche in Sicilia, la sua terra natale. I monteleonesi vollero chiamare il loro Santo Leoluca, unendo al nome di battesimo Leone, quello monacale di Luca, proclamandolo patrono e protettore principale delle città, sempre invocato nei momenti di particolare bisogno, soprattutto in occasione di grandi calamità, carestie, pestilenze.