Cultura

Il corpo racconta chi siamo, con cosa conviviamo, cosa lottiamo, cosa amiamo

Per rispettare le persone bisogna prima cominciare a rispettare i corpi in cui abitano, che possono tanto essere luoghi di felicità quanto di estremo dolore.

Il corpo degli uomini e, soprattutto delle donne, è da sempre considerato un oggetto da giudicare e criticare. L’opinione che bisogna avere delle forme altrui e, in modo particolare, di quelle nostre, è proprio insita in ognuno di noi. Quando uno ingrassa, dimagrisce, si modifica, deve sempre riflettere sul fatto che la metamorfosi del suo corpo catturerà l’attenzione di chi lo guarda. E questo prescinde dal fatto che il dimagrire o l’ingrassare sia una scelta arbitraria: si può anche perdere o prendere qualche chilo per ragioni di salute, ma non importa: “Io il tuo corpo lo giudico lo stesso, perché è in mio potere guardarlo, giudicarlo, criticarlo”. Non ci si interroga mai sul perché di quel cambiamento, su cosa ci sia dietro, se, magari, un fianco più largo è segno di qualcosa di grave o se, invece, quelle cosce molto più piccole raccontino un trascorso di vita degno di importanza.

Non solo: dimagrire o ingrassare, oltre che generare il giudizio in chi non sa nulla, può anche rappresentare un momento di vergogna per chi in quel corpo ci vive e, magari, a quel corpo chiede anche scusa. Una persona che ha perso molti chili, spesso, è una persona che sta combattendo. Che magari lotta da anni ma nessuno lo sa, perché mostrarsi sorridente spesso è un’arma contro l’ingiustizia, contro il destino che ha stabilito a chi dare la salute e a chi, invece, un corpo che chiede aiuto. E quindi già è dura, è dura guardarsi allo specchio e notare le braccia più magre, le gambe più piccine, qualche osso che fuoriesce dai fianchi. Poi arriva qualcuno, che può essere chiunque (uno zio, un amico, una collega, una parente), che ti dice “Fai paura. Mangia!”, e allora sembra che quel sorriso, quella finta indifferenza che mostri nei confronti del tuo corpo, non basta. Ma tu, che nel frattempo vorresti esplodere, continui a sorridere e rispondi “Eh si, lo so, passerà”.

E perché, il trattamento riservato a chi invece ingrassa? Se ingrassi è perché ti piace mangiare. È la legge. È quello che ti raccontano. E quindi, se prendi quei cinque, dieci, venti chili in poco tempo, devi aspettartelo. Devi aspettarti che arrivi quella persona, a cui evidentemente la sensibilità non è stata concessa quando è venuta al mondo, che ti dirà: “Ti piace mangiare, eh? Però, quasi quasi, se dimagrissi avresti un bel viso”. E tu non sai rispondere, perché ti guardi anche tu allo specchio, sai già che le tue linee non sono come dovrebbero essere, e ti limiti a rispondere “Grazie”. Purtroppo, però, devi sicuramente sentire anche altro: ad esempio, gli sguardi delle persone accanto a te, che provano ribrezzo nel guardare le cosce un po’ “troppo grosse” per metterti quella gonna di cui ti sei innamorata da H&M. Tu sai bene cosa provi quando ti guardi allo specchio e, come se non bastasse, è anche in un altro specchio che ti devi guardare, e questa volta è molto più severo di quello che hai in cameretta: la società.

I media sono molto coerenti in questo: mandano in onda le sfilate della Milano Fashion Week con modelle a dir poco sottopeso, mostrano i book fotografici di ragazze magrissime che aspirano a diventare conduttrici ed attrici televisive, le influencers pubblicizzano integratori per dimagrire, “togliere un po’ di grasso, sgonfiarsi” (e magari chi invoglia a comprarle è proprio chi ha un corpo già di per sé longilineo, magro e idealmente “perfetto”). Poi, però, il 15 marzo festeggiamo tutti la giornata contro i disturbi del comportamento alimentare. E si sa, molti Dca nascono proprio per via delle insicurezze generate dai media.

Cosa fare, dunque? La soluzione sarebbe quella di non ingrassare e non dimagrire. Potrebbe essere una via d’uscita perfetta: nessuno potrebbe più giudicare i corpi e chiunque potrebbe essere all’altezza di ogni aspettativa. Fortunatamente, questo non potrebbe mai accadere, considerato che il corpo umano è in costante cambiamento, e cambiare è bello (soprattutto punto di vista).

Il nostro corpo spesso racconta chi siamo, con cosa conviviamo, cosa combattiamo, cosa amiamo. Può raccontare che ci piace mangiare, o che, invece, questa attitudine non ce l’abbiamo proprio. Può raccontare che dopo le feste abbiamo preso qualche chilo perché ai dolci è difficile resistere e dire di no. Ma può raccontare tante altre cose: il disagio di indossare un jeans e notare quanto, da un giorno all’altro, possa andarci troppo grande. Può raccontare il dolore di chi mangia molto e scappa in bagno perché, per piacersi di più, vuole svuotarsi ogni giorno di più. Di chi sta ancora cercando di capire cosa può mangiare per non dovere imbottirsi di antidolorifici e svenire in bagno. Può raccontare l’amarezza di chi, anche se mangia poco e niente, pesa comunque moltissimo e non sa come cambiare questo status fisico. Di chi ha paura di pesarsi sulla bilancia per provare l’ennesima delusione. Di una mamma che ha partorito da poco e, per dedicare tempo al figlio che ha bisogno di lei, non riesce ancora a perdere quei chili presi durante la gravidanza. O, ancora, la fatica di chi ogni giorno cerca di cambiarlo questo corpo, di renderlo più piacevole agli occhi suoi e degli altri, ma non ci riesce. Perché a volte il fisico non ascolta, va per la sua strada, non tiene conto di cosa gli suggerisce la mente. E allora va bene così, basta che “si ha la salute”.

Bisogna stare attenti ai corpi, ai nostri e quelli degli altri. Perché per rispettare le persone bisogna prima cominciare a rispettare i corpi in cui abitano, che possono tanto essere luoghi di felicità quanto di estremo dolore. E il dolore, che da sempre fa paura, deve essere degno di nota.