Sono sessanta le statue in marmo di Carrara, alte quattro metri, che ornano lo stadio del Foro Olimpico di Roma. Rappresentano sessanta discipline sportive e furono donate da altrettante province d’Italia, sulle 92 allora esistenti. Tra di esse, nella maestosità del complesso sportivo nel cuore della Capitale, iniziato negli anni del fascismo, su progetto di Enrico Del Debbio, ce n’è una che è stata donata dalla Calabria, precisamente dalla Provincia di Catanzaro (che includeva ancora le attuali province di Crotone e Vibo Valentia).

Si tratta del Giocatore di calcio, opera realizzata dallo scultore Marescalchi Bernardo. Lo scultore, originario di Carrara, giunse a Roma nel 1915 per studiare presso la R. Scuola della Medaglia, qui ottenne il pensionato di scultura ed iniziò ad esporre nelle mostre degli Amatori e Cultori e alle Biennali. Nel 1929 eseguì due coppie di angeli per la chiesa di S. Carlo al Corso. Dal 1934 al 1939 insegnò scultura all’Accademia di Napoli e partecipò ai lavori per il Palazzo di Giustizia.
Gli artisti prescelti per la progettazione dello stadio avrebbero anche dovuto sovrintendere, dietro compenso di 10.000 lire, alle successive fasi della lavorazione. Il progetto prevedeva che, per le caratteristiche sue proprie, fosse possibile utilizzarlo solo per manifestazioni ginnico-sportive e non per il calcio, per il quale fu costruito lo stadio Olimpico. La sua capienza è di circa cinquemila posti.
Dalla fine degli anni ‘50 il campo di gioco della Stadio fu destinato all’hockey su prato in vista delle Olimpiadi di Roma del 1960. Durante i Giochi Olimpici lo Stadio dei Marmi ospitò numerose partite dei gironi di qualificazione e delle semifinali. Dopo le Olimpiadi, fino alla metà degli anni ’70, il terreno di gioco restò prevalentemente utilizzato per incontri internazionali e per le partite della serie A di hockey su prato. Dal 12 settembre 2013 lo stadio dei Marmi è intitolato al velocista Pietro Mennea.
I sessanta colossi e la scultura italiana degli anni ‘30
Bisogna dire che la realizzazione delle sessanta statue fu un banco di prova e un’opportunità di lavoro per un numero importante di scultori italiani.
A fine 1930 venne bandito un concorso nazionale. Ogni partecipante avrebbe dovuto presentare un bozzetto in gesso di due metri d’altezza. Ne arrivarono 127 dalle 92 provincie. La giuria riuscì però ad individuare solo due bozzetti utili. A passare la selezione furono solo Ercole Drei e Aldo Buttini mentre ad un altro gruppo di artisti venne chiesto di presentare nuovi bozzetti. Tra questi ultimi, vennero poi selezionati Oddo Aliventi, Aroldo Bellini, Tommaso Bertolino, Romeo Gregori e Enrico Martini.
Ma il tempo stringeva e ci voleva un’idea. Così si decise di procedere a conferire incarichi ad artisti “noti e indiscussi”. Ad effettuare la loro selezione furono congiuntamente il Sindacato Nazionale degli Artisti e l’Opera Nazionale Balilla che era il committente del Foro Italico.