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DA VEDERE I due santuari mariani delle Serre: Vallelonga e Torre Ruggiero

I due centri sono distanti una decina di chilometri ma custodisxono due scrigni di devozione profonda e radicata.

Le Serre Calabresi non sono soltanto natura incontaminata, colori, acque e paesaggi immacolati, ma anche scrigno di una devozione profondissima e radicata. A parte la sorprendente Certosa di Serra S.Bruno, arca mistica che ospita gli ultimi certosini, meritano menzione due Santuari Mariani, distanti appena una decina di chilometri. Il primo è quello di Vallelonga, piccolo borgo in provincia di Vibo Valentia, dedicato alla Madonna del Monserrato, la cui denominazione, dovuta agli Aragonesi, allude chiaramente al Santuario di Montserrat, nei pressi di Barcellona.

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La devozione a Maria, oggi veicolata da una statua lignea raffigurante la Vergine con il Bambino, in realtà si perde nella notte dei tempi, ma è ufficialmente attestata solo dal 1550, accompagnata secondo tradizione da apparizioni e guarigioni. Il tempio che è possibile ammirare oggi, tuttavia, non è quello delle origini. Vallelonga sorgeva, verosimilmente su iniziativa di monaci basiliani in fuga dai musulmani o dalla furia iconoclasta, a ridosso di vicini strapiombi trapuntati di grotte. Il culto della Madonna, dopo la fine del tempo ortodosso, fu perpetuato da Domenicani, Agostiniani e Francescani Riformati che, nel tempo, assicurarono la loro presenza sul territorio.

Il tremendo terremoto del 1783 ridusse il villaggio in rovine e ne impose lo spostamento nell’attuale pianoro, con la costruzione di un nuovo tempio che, però, venne gravemente compromesso dal terremoto del 1908 e da un incendio risalente al 1926. L’attuale santuario è frutto di un ennesimo rifacimento, con facciata in stile neoclassico tripartita, tre navate e pochi segni del passato, tra cui l’antico portale e l’altare maggiore. Rilevante, sul soffitto della navata centrale, il ciclo pittorico di Andrea Cefaly, pittore ottocentesco di norma poco incline all’arte religiosa, che, con grande verismo, ritrasse, rispettivamente, Giuditta che esibisce il capo di Oloferme, la Fuga in Egitto e l’Adorazione dei pastori.

Notevoli, ancora, l’organo a canne, il più grande dell’intera Calabria, e l’insieme delle opere pittoriche e scultoree che decorano il tempio, anche di fattura recente. Muovendo dalla bella piazza centrale e dallo splendido parco antistante, stazione di sosta della Vergine nei giorni di festa, inizia il cammino verso il secondo santuario. Si risale fino alla statale delle Serre e da lì ci si imbuca nel ventre di una fitta ed accogliente faggeta, inframezzata da enormi pini e splendidi abeti, che risale, seguendo un sentiero panoramico e ben tracciato, il Monte Tre Croci, il Monte Cucco ed il Monte Sant’Agnese.

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Da qui, la strada discende vorticosamente e, dopo un breve innesto con la vecchia statale, si entra in territorio ‘Normanno’, a Torre Ruggiero, borgo fondato da Ruggero I, Gran Conte di Mileto, latinizzatore della Calabria dopo i cinquecento anni di dominio bizantino, elargitore dei terreni sui quali venne fondata la Certosa di San Bruno e la Grancia di Montauro (CZ), nonchè padre di Ruggero II, che sarebbe divenuto Re delle Sicilie ed autore della mirabile ed ancora sorprendente fusione tra culture Bizantina, Araba e Latina.

A Torre è possibile ammirare, quale segno del transito normanno, la bellissima statua equestre del Gran Conte, opera del Calabrese Michele Zappino, che coglie il sovrano mentre incede sicuro e pensoso a cavallo del suo fido destriero. Quindi, alla periferia del paese, ecco il Santuario, dedicato alla Madonna delle Grazie. Anche in questo caso le origini sono basiliane e muovono dal periodo iconoclastico, con la fuga di monaci dall’oriente e l’insediamento di culti ortodossi, compreso quello Mariano. A Torre, tuttavia, il culto si avvale di una narrazione precisa: due fanciulle, recatesi al santuario per ottenere una guarigione, la ricevono.

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Non solo, ma la Vergine si manifesta loro e profetizza che il luogo sarebbe divenuto luogo di devozione e grazie. Da lì si apre un nuovo tempo, pervaso da una devozione che si diffonderà ovunque. Fino al 5 febbraio 1783, giorno del ‘Flagello’, che inghiottirà ogni traccia del santuario, compresa l’immagine venerata. Circa 70 anni dopo la Vergine riappare e chiede ad una contadina la ricostruzione della chiesa. Impresa vanificata dalla condizione di estrema povertà della popolazione. Ma il 10 aprile 1858 un uomo, di salute malferma ed assetato, vede zampillare, dal nulla, una fonte, proprio in corrispondenza agli antichi ruderi. Beve e guarisce dai suoi mali. Corre in paese ed annuncia l’ennesimo segno della Vergine. L’8 maggio dello stesso anno la Curia autorizza la ricostruzione del Santuario e già l’8 settembre dello stesso anno la Chiesa viene consacrata. Addirittura, lo stesso re Vittorio Emanuele II se ne occupa, offrendo la statua della Vergine.Da quel giorno, anche per la coincidenza temporale delle apparizioni (1858), il Santuario di Torre Ruggiero viene chiamato la piccola Lourdes.