Vedere e gustare

Fiumefreddo Bruzio, uno dei borghi più immersivi del Meridione (FOTO)

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Un austero palazzo ottocentesco ospita il laboratorio dell’artista Enzo Spina e il suo presepe permanente

Sguardo proteso, da un lato, sull’intera linea del mar Tirreno e, dal lato opposto, sul Monte Cocuzzo, la “piramide” Calabra, Fiumefreddo Bruzio, abbarbicato su una rocca a duecento metri s.l.m., si presenta come uno dei borghi più affascinanti, immersivi e delicati dell’intero Meridione d’Italia. In Fiumefreddo convivono, infatti, la potenza inclusiva della natura, con i suoi panorami ininterrotti e lo splendore di un borgo dai tratti eleganti e sobri, nel quale stradine, sentieri, edifici storici, piazzette, affacci, vicoli compongono un puzzle di purissima armonia. Lo si può raggiungere utilizzando la provinciale che, seguendo le tortuose stimmate della rocca e la sontuosa scultura dedicata al Cristo del maestro Enzo Spina, si inerpica sino alla cima. Oppure, si può decidere, come io ho fatto, di raggiungere il centro attraverso l’antico sentiero pedonale di Santa Domenica che, muovendo dal livello del mare, risale il fianco della montagna e si presenta come una scultura miracolosamente inerpicata. Così, la salita verso il centro si fa costellazione di fatiche ed emozioni, in cui, seguendo le repentine conversioni del tracciato, si alternano la visione dell’antico castello, le propaggini estreme della costa Calabra, gli scorci su Paola, Belmonte, Falconara. Il tutto, in mezzo al suono sempre potente del mare, la cui musica risuona ad ogni passo e da ogni dove.Giunti in cima, il centro esibisce, subito, la sua affascinante entropia medievale, con stradine strette, slarghi, piazzette, cunicoli, archi, tutti dignitosamente conservati.

Soprattutto, si colgono tante chiese, da quella di San Rocco, bellissima, esagonale, sormontata da un tegolato circolare di gusto bizantino, a quella di San Francesco, da quella dedicata alla Madonna del Carmelo a quella dell’Addolorata, fino a giungere alla Chiesa madre, dedicata a Santa Maria ad Adnexis. Tutto converge, però, verso la meravigliosa piazzetta della Torretta, in cui campeggiano vari edifici storici, tra cui l’ex convento dei Frati Minimi, oggi municipio, con le sue antiche cantine, l’orologio della chiesa di San Francesco e, al centro, una delle tante sculture realizzate per la città dall’artista Salvatore Fiume, ‘La ragazza del surf’, in cui una giovane atleta viene ritratta con forme esplosive, secondo il gusto di Botero. In realtà, Largo della Torretta è, soprattutto, un meraviglioso affaccio sul mar Tirreno, che si offre in tutta la sua ininterrotta maestà, da nord a sud, con le isole Eolie che si ergono di fronte e le case del borgo marinaro che, dall’alto, diventano piccoli dettagli di color rosso.

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Proseguendo la visita, si giunge, dopo aver superato un reticolo di viuzze e vicoli, a Largo Rupe ed al cinquecentesco palazzo Zupi, già convento delle Clarisse, dove è possibile ammirare una seconda scultura di Salvatore Fiume, il Medaglione della Fortuna, in cui la dea è ritratta a cavallo di una cornucopia grondante monete d’oro. Il cammino prosegue verso via Manzoni, dove un austero palazzo ottocentesco, con un vasto patio sormontato da arcate, ospita, al suo interno, il laboratorio dell’artista Enzo Spina e, prospiciente la pubblica via, il presepe permanente dal medesimo realizzato, frutto di un lavoro generazionale che, muovendo dal primo maestro, don Antonio Rotondo e passando dal padre, Attilio, è giunto a noi grazie ad un meticoloso ed emozionante lavoro di cesello. Il presepe non è solo la rappresentazione della miracolosa nascita di Cristo, ma è anche un affresco sul tempo, con i suoi tramonti e le sue albe, nel quale trovano posto vari momenti, tra cui episodi del vangelo e la rappresentazione dantesca del Paradiso, del Purgatorio e dell’Inferno.

Lasciato il centro del borgo, un breve cammino conduce al “Castello della Valle”, il bellissimo maniero, edificato all’inizio del XIII secolo e rimaneggiato nel XVI secolo, posto al culmine di una seconda rupe, con intenti difensivi prima e residenziali poi. Il castello è stato fortemente compromesso a seguito dell’assedio Murattiano del 1807, che registrò le epiche resistenze dei borghi di Amantea, Belmonte e, appunto, Fiumefredo Bruzio. Il silenzio calò sul maniero per circa due secoli, finchè l’artista Salvatore Fiume, folgorato dalla bellezza del borgo e dall’assonanza del toponimo al suo cognome, decise di dedicarsi a quel luogo. Se ne occupò in varie sessioni, a partire dagli anni settanta e fino alla morte, occorsa nel 1997, proponendo una sorta rigenerazione del borgo e del suo castello in particolare, attraverso la profusione di opere d’arte, pittoriche e scultoree. Una stanza del castello divenne, grazie ai suoi sublimi affreschi, la “stanza dei desideri”, mentre le pareti esterne vennero ampiamente affrescate.

Altri interventi si ebbero dentro il borgo, grazie alle sculture oggi visibili nelle due piazzette orientate verso il mare ed all’interno della sala consiliare (Dafne ed Apollo) ed agli affreschi operati all’interno della cupola di San Rocco che, ispirati al Goya che dipinge la cupola di Sant’Antonio della Florida in Madrid, immaginano San Rocco, in un tempo infestato dalla peste, detergere il dolore della povera gente di Fiumefreddo Bruzio e concedere loro la redenzione divina. Fiumefreddo Bruzio non è stata sorda all’opera del suo ultimo mèntore e, così, gli ha dedicato meritoriamente uno spazio, chiamato Largo Salvatore Fiume, sul quale si protende un tetto di fiori colorati. Per chiudere. Fiumefreddo Bruzio è un borgo fragrante e genuino, rischiarato da una luce sublime e da panorami mozzafiato, capace di mettere insieme arte, bellezza, storia, senza per questo indulgere nel compiacimento di sé ed andare oltre la giusta misura. Visitarla è davvero un momento non banale.