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L’Abbazia della Sambucina a Luzzi, ospitò San Bernardo e Gioacchino da Fiore

Resti dell’Abbazia della Sambucina, o di Santa Maria della Sambucina, edificata sul finire dell’XI secolo, verosimilmente per iniziativa dei monaci benedettini in prossimità di Luzzi, ad 850 metri s.l.m. Vi si domina, in un unico abbraccio, la valle del Crati, a sud il monte Cocuzzo e, a nord, il gruppo del Dolcedorme e della Manfriana.

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Deturpata da un evento sismico, all’inizio del XII secolo l‘abbazia cambiò direzione e venne affidata ai monaci cistercensi, che ne curarono la ricostruzione, sul modello della casa madre francese. Venne affiliata all’abbazia di Casamari nel Lazio e divenne, a sua volta, casa madre per numerosi cenobi del sud Italia, sorti per gemmazione in Sicilia, Puglia, Lucania. Fu, dunque, centro nevralgico nella vicenda teologica, economica e culturale dell’Italia Meridionale ed ad essa si deve buona parte del processo di rigenerazione della storia religiosa, in un territorio aduso ai riti bizantini e greco-ortodossi.

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Non per caso, dunque, ospitò personaggi di primo piano, tra cui San Bernardo da Chiaravalle e, soprattutto, Gioacchino da Fiore, ricordato da Dante Alighieri nel XII canto del Paradiso (‘il calavrese abate Giovacchino, di spirito profetico dotato’). Alcune fonti riferiscono che il cenobio, a certificarne anche la potenza economica, disponesse di una piccola flotta che, grazie alla buona navigabilità del fiume Crati, consentiva uno sbocco diretto sul mar Jonio e, attraverso questo, sulle terre cristiane del Mediterraneo.

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Successivi terremoti ne sfiancarono il vigore e la potenza costruttiva, fino al suo abbandono definitivo, quale luogo di culto cenobitico, nel XVIII secolo. L’abbazia, da quel momento, venne derubricata a chiesa parrocchiale, mentre il patrimonio – libri, miniature, opere d’arte, arredi, opifici – andò disperso.Resta, oggi, il magnifico portale in stile romanico, la finestra detto ‘Guelfa’ (secondo un gusto tardo gotico, di forma quadrangolare, sormontata da una croce, a formare quattro finestre), l’interno absidale con volte laterali a crociera ed un sontuoso affresco del XVI secolo, raffigurante la Madonna con Bambino. Quasi nulla, invece, si è conservato delle strutture conventuali che ne segnarono l’inizio, oscurate dai ripetuti sismi e dal reticolo di edifici privati sorti tutt’attorno.